Mia madre mi ricorda che a partire dai sette/otto mesi di vita bastava piazzarmi col seggiolone davanti al televisore per rendermi quieto e immobile per qualche ora. Era l’84 e condividevo l’avvio della mia esistenza con l’ascesa della televisione commerciale. Sulla Rai Raffaella Carrà rispondeva al telefono a qualche milione di italiani e ci giocava coi fagioli, Gigi Sabani su Italia 1 ripeteva “apriti sesamo!” per fare uscire da una quinta un’aspirapolvere alla quale dare un prezzo, mentre al bar, la mattina, migliaia di persone volevano il caffè che più lo mandi giù e più ti tira su. A cinque anni diventai un caso della domenica in famiglia. La sera prima guardavo la televisione con mio padre che si addormentò al finire dei programmi di prima serata. Entrai in possesso per la prima volta del telecomando acquisendo una coscienza primordiale sul valore della libera scelta. Capitai su una sfavillante Italia 7, dove un robusto Umberto Smaila, dentro un finto casinò, faceva da cicerone ai suoi concorrenti che potevano spogliarsi per racimolare denaro da giocare. Assistetti imperterrito a tutti gli strip delle Ragazze Cin Cin. Mio padre si risvegliò quando già scorrevano i titoli sull’ultimo stacchetto. Mi disse: cambia canale! Ed io: aspettiamo che si rivestano! Rise e ne risero l’indomani tutti quanti. In effetti quelle ragazze non si sarebbero mai più vestite. A otto anni, arrivò il secondo apparecchio catodico in casa e fu piazzato in camera mia e di mio fratello più piccolo. Ci addormentavamo quasi sempre a schermo acceso ed il sonno calava sulle repliche di cartoni animati giapponesi trasmessi da televisioni regionali. Una volta mi capitò di svegliarmi durante la notte nel bel mezzo di un porno senza censure. Guardai una decina di minuti e scoppiai a piangere. Ero completamente impreparato a vedere donne che mangiavano uomini con addosso un solo paio di occhiali da sole dentro un vano doccia colmo di schiuma. Andai subito a coricarmi con mio fratello che non capì, gli dissi soltanto “gesù non vuole” (evidentemente la catechesi e la formazione cattolica costituivano una qualche sorta di filtro spontaneo a quelle immagini). L’indomani ero terrorizzato, sentivo di aver commesso qualcosa. Quando tentai di spiegarlo a mia madre, mi disse subito: va a dirlo a tuo padre, ha voluto mettervi lui la televisione in camera, mio padre non seppe che dirmi, non aveva prospettato una tale possibilità, ricordo una risata imbarazzata ed un “non preoccuparti, passerà”. Fu sufficiente, rimossi dopo qualche giorno. Dal ‘90 iniziò la saga dei morti ammazzati, durata diversi anni. La serie de “La piovra” ci riuniva tutti sul divano a seguire le vicende del commissario Cattani, mia madre mi stringeva il polso quando le scene iniziavano a farsi più tese e di li a poco sarebbe scattata la sparatoria che avrebbe inevitabilmente crivellato di colpi qualche cristiano. Quel suo farsi coraggio sul mio braccio mi faceva sentire più grande e assistevo (a rallentatore) alla morte caricarsi dell’enfasi di ogni bossolo e schizzo di sangue. Televideoinn, l’emittente locale che raccontava la cronaca del mio paese, aveva aperto i battenti nel 1989 in un periodo in cui Paternò, Biancavilla e Adrano erano considerati il triangolo della morte. Decine di cadaveri alla settimana, morti ammazzati o stroncati da overdose. A quei tempi la televisione trasmetteva le immagini dei corpi senza alcun pudore, senza alcun ritegno, senza alcuna copertura, corpi bagnati di rosso in pose scomposte per strada.
Avevo nove anni quando avvenne la strage di Capaci. Tornai a casa e trovai la televisione accesa e un silenzio luttuoso. Provai a chiedere ma mi fu fatto cenno di stare in silenzio. Scorgendo la televisione vidi una scena che mi provocò una paura immediata: un uomo, un adulto, sul luogo della strage, piangeva. Mi scosse. Chiesi a mio padre di spegnere la tv o cambiare canale e per la prima volta mi rispose seccamente di no. Le due televisioni in casa erano adesso sistemate una in cucina e l’altra in sala da pranzo, entrambe fecero il coro alla stessa tragedia, per tutto il giorno e per quelli a venire.
[BUCO]
Un salto di una decina d’anni capovolge la mia posizione da spettatore a operatore del piccolo schermo. La nazione si confrontava con la seconda edizione del Grande Fratello. Una Maria De Filippi all’apice insieme ad Amici, Uomini e Donne sparsi in tutta Italia riusciva a coltivare il germe egemone del modello italiano neo.giovane, della donna neo.emancipata. Tutta una nuova ormonalità! Le pubblicità progresso degli infettati d’Aids circondati da un outline viola non si sarebbero più viste, scomparse insieme ai professori di una volta che alzavano i preservativi in aula per sentirsi rispondere da classi promiscue “è mio, è mio, è mio”, gli anni ’90 non c’erano più, la Rai, vecchia rinunciataria, prendeva appunti da Canale 5, Costantino stava per salire al trono e un mio amico d’infanzia fu il primo imbecille che potetti vedere col petto depilato. Televideoinn aveva nel frattempo cambiato diverse gestioni e per una di queste fui assunto come regista. L’incapacità amministrativa dei nuovi editori e la mancanza di un’economia minima necessaria, mi permetteva un’autonomia eccezionale. Una notte prese a piovere copiosamente e senza tuoni. Trovai quella pioggia estremamente delicata, sollevai le persiane dello studio di ripresa puntai le telecamere verso l’esterno e mandai in onda. Qualche mese dopo nel tentativo di aggraziarsi le simpatie di un discutibile imprenditore, la proprietà impose alla redazione una trasmissione fatta ad hoc per lui. La cosa in se è un classico delle emittenti private, l’unico problema consisteva nel fatto che quel personaggio era appena uscito dal carcere per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso. Ci furono alcune battaglie per evitare che la trasmissione avesse luogo, sin quando non decidemmo di aderire alla pregevole iniziativa a nostro modo. La sera della diretta ci sistemammo ognuno al proprio posto, due operatori in studio e uno in regia. Fu surreale. Un sabotaggio. Per tutti i novanta minuti i protagonisti della trasmissione furono il rolex dell’ospite, l’aquila ricamata sul suo giubbotto di pelle, il primo piano delle sue labbra, la basetta e la sua acconciatura, le sporcature dei passaggi di camera, i fuori fuoco, le panoramiche interrotte, il vai e vieni del volume. Al suicidio civico dell’emittente avevamo dato la forma di un balbettio visivo grottesco e tragicomico. Naturalmente la rottura fu definitiva. Prima di lasciare la televisione presi un pezzo d’archivio risalente al primo periodo dell’emittente, una trentina di cassette a risarcimento dei pagamenti non percepiti. Quel materiale è oggi il motivo per cui scrivo in queste pagine e il presupposto delle mie ricerche a venire.
Per la cronaca: Endemol prossima al fallimento annuncia che il Grande Fratello è giunto alla sua ultima edizione.
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[Testo pubblicato sul catalogo della mostra PRESS PLAY a cura di Irene Calderoni e successivamente pubblicato integralmente dal quotidiano IL MANIFESTO.
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Di seguito vengono riportati i singoli lavori costituenti l’installazione. (Da sinistra verso destra).
Le riprese e i montaggi sono state effettuate da Maria Helene Bertino, Dario Castelli e Alessandro Gagliardo.
Si ringraziano: Alessandra Ferlito e Alessandra Cianelli.
Un Mito Antropologico Televisivo produzione malastrada.film, in coproduzione con Ar/ge Kunst Galerie Musem fonte d’archivio: Televideoinn, periodo di riferimento 1992-1994 – 56′ Svhs more info
IT Ritrovando un frammento di 34 cassette Svhs appartenenti ad un archivio di un emittente televisiva locale, iniziamo l’esplorazione di un periodo compreso tra il 1991 e il 1994, inerente i fatti di cronaca di cinque paesi (Paternò, Biancavilla, Adrano, Centuripe e Santa Maria di Licodia) in provincia di Catania. Dopo quattro anni di analisi, studio e sperimentazione viene realizzato “un mito antropologico televisivo” un lungometraggio di 56 minuti interamente realizzato con i materiali dello stesso archivio. L’opera fa emergere parole chiavi quali comunità, società in stato di cronaca, strappo alla narrazione televisiva, storiografia popolare alle quali si associano l’individuazione di valori fondanti come: povertà, dignità del lutto, massa.
EN An Anthropological Television Myth After we found 34 S-VHS tapes pertaining to a local broadcasting station’s archive, we started exploring a period between 1991 and 1994 that was incident to News of five towns in province of Catania: Paternò, Biancavilla, Adrano, Centuripe and Santa Maria di Licodia. All the experiments and analysis lasted four years, after we produced “un mito antropologico televisivo” a feature film of 56 minutes fully realized with parts of the same archieve. Many keywords has emerged from the work as community, popular historiography and others. These words are very important and linked with the identification of values (poverty, grief status, masses) which are essential for the work and its artists.
Dei poteri delle povertà. Fonte d’archivio: Televideoinn, periodo di riferimento 1992-1994 – Visione dell’installazione presso l’Ar/Ge Kunst di Bolzano. Il lavoro è stato parzialmente riprodotto all’interno dell’installazione a Torino.
IT Sul principio della scrittura audiovisiva l’opera dispone su un piano la narrazione di un momento di “società” inteso come contrasto permanente tra due forze.
En About Power and Poverty Through the audiovisual narration our work deal with “society”, meant as the everlasting conflict between Power and Poverty.
Filosofia della miseria. Fonte d’archivio: Televideoinn, periodo di riferimento 1992-1994 – 7’7″ Svhs
IT Il quotidiano di un cimitero. Il silenzio, un corteo di donne ed un campo comune segnalato da centinaia di croci senza nome sono elementi necessari a figurare il lutto come valore universale fondante.
EN Cementeries with their calm, widowsm and common graves are all indispensable elements to acknowledge mourning as an universal value.
Camera ardente di Raimondo Vianello realizzata presso gli studi mediaset, 16 Aprile 2010 – fonte ANSA/MILO SCIAKY/DBA
IT L’opera testimonia il preciso momento storico in cui si determina uno slittamento antropologico fondamentale nella corruzione del valore del lutto ad opera della televisione. La foto riproduce la camera ardente di un noto personaggio televisivo italiano. Per la prima volta, nella storia della televisione e della società italiana, la camera mortuaria viene allestita da scenografi e tecnici all’interno di uno studio di registrazione. Alle spalle della bara un grande monitor riproduce i momenti salienti della vita televisiva del morto.
EN Funeral Home “Camera Ardente” shows the historical period in which television played an important role and corrupted the value of mourning. The picture is related to a big name of the Italian TV and his mortuary. It was the first time, for Italian society and for its television, that a mortuary was set up by scenographers into a recording studio, where a big screen showed the highlights of the deceased’s life.
Mortorio Fonte trasmissione televisiva della redazione del TG5 del 17 aprile 2010, 2’58”
IT Le esequie dello stesso personaggio vengono celebrate nella cappella di Cologno Monzese presso il complesso industriale di produzione televisiva del Gruppo Mediaset, Milano 2. La cerimonia viene trasmessa in diretta televisiva. Le celebrità della televisione italiana riempiono tutti i posti della chiesa, mentre il pubblico, come da statuto, segue la messa all’esterno attraverso grandi monitor. Durante la cerimonia un intervento distensivo dal pulpito della chiesa del più noto tra i presentatori italiani evidenzia la mutazione formale dell’esequie cattoliche a favore di una logica televisiva. L’abbraccio costante alla vedova, da parte del Primo Ministro italiano, nonché proprietario del gruppo televisivo, suggella la portata storico-antropologica dell’accaduto.
EN Mortuary His Funeral rites were celebreted in the Church of Cologno Monzese (Milan) in the Mediaset headquarters, and they went live on television. Every seat inside the church was reserved for other Italian celebrities whereas people, as normal, stayed outside the church, where video screens had been set. During the ceremony, one of the most famous TV host made a speech in order to amuse people. It highlights how funeral rites had changed in behalf of a television logic. It was evident when the Prime Minister (and Mediaset owner too) hugged the widow in front of the camera. These episodes confirm the historical and anthropological importance of what happened.
Reality Scansione da diapositiva – Catania, estate 2011
IT L’opera all’interno dell’installazione “palinsesto, nota complessa” rappresenta un istante di contrappeso. Un momento di realtà apparentemente fuori lo schermo e la logica televisiva.
EN The work exhibited in “palinsesto, nota complessa” represented a truth which was different from television logic.
Scrittore Foto, operatore all’interno della sala stampa del Parlamento.
IT L’opera è una sintesi figurativa dell’idea di scrittura audiovisiva. L’intera ricerca sull’antropologia televisiva si sviluppa a partire da un archivio di immagini registrate da un operatore televisivo. La lettura di queste immagini in termini antropologici e la costruzione di forme a partire da esse, pone l’operatore in una posizione chiave nei processi di formulazione narrativa. La sua posizione inoltre permette una permeabilità in contesti ed avvenimenti pari a poche altre.
EN Writer The work itself is the idea the audiovisual writing. The studies about television anthropology started from images recorded by the cameraman. He become essential and he functions as “narrator”: moreover, his condition give him many licenses in many contexts.
Piazza Riprese realizzate nel luglio 2011, 10’02”
IT Realizzato all’interno del parlamento italiano, sotto le mentite spoglie di operatori televisivi, l’opera verifica il concetto di “strappo alla narrazione televisiva”. Gli artisti assumono fattivamente la posizione dell’operatore televisivo e si immergono nel contesto della cronaca (tempo di scrittura del presente). Lo strappo consiste dunque nel restituire, dal medesimo punto di osservazione della televisione, un racconto non determinato dalle necessità formali dell’informazione. Dal punto di vista politico “Piazza” verifica l’inesistenza di un ordine del discorso all’interno delle sedute parlamentari, mancanza che gli artisti individuano come concausa del rafforzamento della televisione come soggetto di narrazione.
EN It has been created inside the Italian Parliament, in which the artists “bend the rules of common television narrative” . Here, the artists play the role of ordinary cameramen and they become part of “News” (that is the Present) . In a political point of view, “Piazza” affirms that there isn’t any disposition during parlamentary sessions, and the artists consider that as the reason why television became “narrator”.
Anagramma Hd – 6’42”
IT Un rebus dagli elementi chiari. Muovendosi all’interno delle diverse sale del Parlamento con l’agibilità propria dell’operatore, al quale non è richiesta alcuna spiegazione particolare, gli artisti posizionano diversamente dalla televisione il loro sguardo, dipingendo un “quotidiano di palazzo” inedito. Tecnicamente Anagramma risulta essere un lavoro realizzato da infiltrati.
EN Anagram The artwork is a clear rebus. The cameraman, or to be more precise “the artist”, can easily focus on other elements inside the activity of the Parliament. He can because as operator no one will demand anything. Anagram is planned and carried out like infliltrators.
I figli del presidente, Sonia riprese e montaggio dei fratelli Musumeci, studio fotografico newphoto, fonte youtube. 11′ 22”
I figli del presidente, Gianluca riprese e montaggio dei fratelli Musumeci, studio fotografico newphoto, fonte youtube. 07′ 50”
Questa serie pone in luce senza rimaneggiamenti, il livello di permeabilità culturale del modello televisivo giunto allo status di comportamento estetico-narrativo naturale. I video presentati sono dei veri e propri “debutti in società” da parte di giovani che hanno appena compiuto i 18 anni, dunque appena pervenuti alla status di responsabilità giuridica nei confronti della collettività. Tale presentazione dimostra l’acquisizione di codici narrativi indiscussi, forniti dalla televisione, utili alla comunicazione di se, agli altri. Insieme a Sonia e Gianluca, giovani della provincia di Catania, fa parte della serie anche un’immagine di Barbara Berlusconi per Vanity Fair. Il livello estetico e la funzionalità comunicativa cambiano, resta invariato il modello di riferimento.
EN The President’s sons
Without change any structure, this sequence highlights the permeability level of television models, which are now aesthetic-narrative. The videos are “society debut” (like those of the Victorian Era) of young people aged 18. The work proves that there are narrative rules, that can be useful way for describing people, which are not disputed. Together with Sonia and Gianluca, young people from the province of Catania, there’s a image of Barbara Berlusconi for Vanity Fair. The aesthetic-narrative level changes but the reference model is unvaried.
I figli del presidente, Barbara (Berlusconi) foto Miles Aldrige fonte Vanity Fair/Dicembre 2010.
<<E’ un peccato che non sia apprezzata la donna che da importanza alla vita familiare>> B.B.
FACS estratto da “Badou l’homme propose dieu dispose”. L’audio è tratto dalle registrazioni delle conversazioni dell’ Opera Filosofica Nomade.
L’opera è un montaggio di immagini realizzate in Africa da Dario Castelli (co-autore insieme a Maria Helene Bertino e Alessandro Gagliardo di molti dei video qui presentati) alle quali fanno da fondo delle registrazioni audio del collettivo Opera Filosofica Nomade di Torino, pervenuto a riflessioni determinanti sulla comunità. All’interno di “palinsesto, nota complessa” il video, realizzato secondo un principio di osservazione molto prossimo all’antropologia classica, fa da termine di confronto tra l’antropologia televisiva e i comportamenti di società non ancora del tutto determinate dallacultura televisiva. Il nodo centrale del racconto è lo sgozzamento di un capretto, seguito con attenzione e divertimento da alcuni bambini curiosi. Il rituale diventa una figura metaforica di un’immagine che non troverebbe spazio in nessuno dei palinsesti delle nostre emittenti televisive per precetti morali formali. Gli stessi che assolvono compiaciuti gli ammiccamenti erotici di giovani e giovanissimi.
EN The work is the assembly of pictures realized by Dario Castelli (co-author, together with Maria Helene Bertino and Alessandro Gagliardo, of many videos) in Africa. Pictures have sound recordings from Opera Filosofica Nomade di Torino as background. The video, which is mostly based on anthropological osservation in a classical way, at “palinesto, nota complessa” occupied a certain place between television anthropology and behaviours not yet modified. The main topic is about passionate and amused children who attend to the ritual of splitting a goat’s throat. It become a metaphor of something that will never find any place on our television, because of moral precepts, the same ones that permit and forgive those voluntary erotic attitudes of young people.