Note:
Il ragazzo esce infuriato dicendo: “Quello millanta, ed è pazzo”. Rispondo: “Guarda a come ti tocca, se ti tocca e smuove qualcosa, quel che ha detto, ira e fastidio, quel che sia, è questo che conta, non cosa lui sia, che cosa tu, e quanto, e chi meglio o peggio, che questo né sai né ha risposta: l’incontro tra noi non è un oggetto o un fatto tra oggetti, ma possibile avvenire, di ciascuno e tuo, di sé. A te, come a me, nello spazio aperto dall’urto con l’altro, nell’incontro, può accadere di venire ad esserci. dove era (non ancora eri) potenza d’esistere. Può accadere, nella contingenza , nella unicità di questo singolare evento, che s’inventi tra noi altro modo ed esempio d’essere umani, (modo, bada bene, né nuovo né tradizionale, né alternativo né istituzionale, ma qualunque, e in questo senso universale restando singolare).
Non t’accanire a dire la sua miseria o temere la tua ma lascia che tua e sua siano pretesto e materiale di costruzione di una particella d’umano – ex nihilo di miseria e mancanza la potenza di non (non esistere) precipita ad atto ed il quanto d’umano appare come l’oro dal piombo e il mondo dal nulla se c’è l’intenzione non soffocata da vanità o paura -.
Se invece non c’è stato possibile risuonare di un intimo ignoto in una nuova apertura, se questo non c’è, non c’era, non ti tocca, allora di che e perché ne stai ancora a parlare, di come è o non è quel tale?…non t’attardare, che perder tempo, come sai, a chi più sa più spiace…”
più o meno dissi così, ma in poche frasi, e più chiare, essendo lì sul campo dell’evento in corso dove quel che si mostra non richiede descrizione ed è più denso il dire. E quello ci pensa, (chi l’avrebbe mai detto?), e torna dentro. |