In risposta agli artisti neoliberisti

proletari_a_salonicco

pubblicata sul sito galleriaoccupata.it, occupato e disintegrato per l’occasione.

(in coda i testi da cui scaturisce la risposta)

In risposta a Federico Baronello ed alle piccole cose del contesto

1

Non potevamo non insorgere ad una lettura che aggiunge allarme su allarme e che rende sempre più necessaria un’ affermazione decisa a misurarsi solo con l’epoca. L’intero complesso teorico comunicato a supporto di una nuova stagione di divagazioni analitiche della Fondazione Brodbeck, mutua la sua arretratezza, vale a dire la sua inservibilità storica, proprio a partire dalla sua collocazione contestuale in cui il tempo, la politica, la geografia, l’arte, la società, vengono rilegate nella cornice marcescente dell’epoca appena consumatasi, in nome della quale, per ignavia o stoltézza, continuano a riproporsi filippiche progressiste il cui vero midollo ha tutt’al più la stessa nervatura semantica (e retorica) della cultura che nei fatti lo genera e ispira, ossia il neoliberismo.

2

Un’artista, ma non solo lui, avrà già ravvisato in queste prime righe il bruciore sconvenevole di una ferita da taglio e il suo intelletto avrà assunto una postura difensiva. Ciononostante la scintilla cieca che lo infiamma gli permetterà la dovuta attenzione. Farà poi seguito un giudizio univoco, quello di violenti, al quale si assoceranno in un unico coro tutti coloro che ne verranno sfiorati. Epilogo di questa trasmissione sarà la rimozione stessa di quanto appreso e l’insorgere di una nuova piccola nevrosi, la cui forma in società potrà assumere le sembianze di una deliberata mistificazione del senso (menzogna) o di un malevolo dipinto degli artefici del crimine (ingiuria).

3

Consacriamo questo sforzo ai tempi che prepariamo, dove ogni intenzione di pronunciamento ambiguo sarà involontariamente preceduto da un timoroso ed incontrollabile tremolizio fisico.

4

L’Europa è di fatto uscita fuori dal quadro della storia, imbellettata come una puttanella sulla groppa di un toro tutto fallo e anelli d’oro. La “crisi economica” si è solo preoccupata di coltivare il terreno dell’urgenza riformista finalizzata allo sconvolgimento definitivo della natura collettiva della vita umana, al solo vantaggio delle organizzazioni più ricche del pianeta. Frattanto il capitalismo annovera la coercizione come uno degli attrezzi eletti dei suoi sacerdoti, dentro una chiesa stracolma di sogni di libertà genuflessi.

5

A partire da questa evidenza sistemica, ogni attuale figurazione positiva dell’Europa matura eslusivamente nell’ambito della cultura neoliberista e si concretizza, in arte come in politica, mediante la disposizione automatica alla produzione, per mano di soggetti dominati, consapevoli e coinvolti.

6

Dichiarazione di un epigono europeista: «Sono consapevole della forza di quello che sto dicendo: Bashar al-Assad non merita di stare sulla Terra».

7

Più specificatamente, non vi è in atto, ne vi sarà, nessun progetto di una comunità dei popoli. Tanto più che la “continua espansione per prossimità” dell’Europa procede attraverso l’innesco e il mantenimento di guerre civili, l’instaurazione di governi filo-europeisti-ultra-nazionalisti, provocazioni internazionali, corruzione metodologica, falsificazioni mediatico-evangeliche planetarie, morte. Se esistono due Ucraine oggi, lo si deve solo ed esclusivamente all’Europa.

8

Lo stesso documento citato a supporto dell’idea di una nuova megalopoli interconnessa – il cui equivalente strutturale echeggia precisamente cementificazione, annichilimento della sovranità locale, repressione a divisa unica, contrazione spasmodica delle autonomie dialettiche – è il manifesto lampante di una propaganda totalitaria che promuove un’unica ratio salvifica: l’Europa come “uno stato della mente” dal corpo politico “genuino ed efficiente”. In altre parole, la ricerca di una nuova narrativa continentale, dietro commissione politica, esprime l’urgenza di una acclamazione intellettuale irregimentata, entusiasta e definitiva, a supporto di un modello che non ha ancora perfettamente compiuto lo sterminio di tutte le insorgenze disomologate. A tal proposito l’unico privilegio che dovrebbe riconoscersi a Kathrin Deventer, Paul Dujardin, Olafur Eliassion, Rose Fenton, Cristina Iglesias, Michal Kleiber, György Konrad, Rem Koolhaas, Yorgos Loukos, Peter Matjasic, Jonathan Mills, Michelangelo Pistoletto, Plantu, Sneska Quaedvlieg, Mihailovic, Thomas Sedlacek, Luísa Taveira sino all’ultimo dei loro discepoli, è quella del patibolo più adatto all’applicazione di una ferocia ancora umana, la cui astuzia sia pari alla menzogna interessata che perpetrano.

9

Agli artisti neoliberisti – nella circoscrizione delle loro ambizioni contestuali, per la giaculatoria della loro ricerca, con la piattezza standardizzata delle loro forme, dentro il panico individualista che li congela – non è rimasto che la libido per la sopravvivenza tra simili. Un enorme brusio con un’unica finestra allucinatoria sul mondo: un pubblico morto e una paga. Una precipitazione così clamorosa da lamentare la mancanza di una storicizzazione conto terzi, nonostante il mutismo cieco della propria opera menomata. Per l’occasione non possiamo non citare il guizzo di un amico di vita che in una delle sue scorribande filosofiche, la cui ardente materia consuma esistenza, affermò: “Al circolo di Vienna, ci sputo in un occhio”.

10

Quanto a McLuhan, qualcuno ebbe a definirlo l’imbecille più convinto del suo secolo e ad oggi non c’è motivo per ricredersi, specie quando i suoi insegnamenti continuano ad ammorbare le accademie di mezzo mondo, tutte propense alla formazione seriale di studenti per i quali l’immagine più consona per descriverne la consistenza artistica è quella di un biscotto da latte non commestibile.

X

La caduta di Atene è stata annunciata

Maria Héléne Bertino, Dario Castelli, Alessandro Gagliardo

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Testo Baronello
Riferimenti sulla poltiglia disgustosa “Un nuovo racconto per l’europa”

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